mercoledì 29 aprile 2009

Lentamente muore...


"Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine
ripetendo ogni giorno gli stessi discorsi,
chi non cambia la marca, il colore dei vestiti,
chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni, proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo,
chi è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai consigli sensati.

Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.

Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare,
chi passa i propri giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.

Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida felicità."

Martha Medeiros






martedì 28 aprile 2009

Sindrome di Zelig (Camaleontismo umano)



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"Certo che sono un medico...Anzi devo proprio andare.

Sai, tengo un corso sulla masturbazione....Sennò cominciano senza di me."

Leonard Zelig

da Zelig Woody Allen 1983



L'uomo camaleonte, capace di assumere inconsapevolmente l'identità di chi gli sta di fronte, non è una semplice invenzione cinematografica.

Woody Allen, quando nel 1983 portò sul grande schermo la storia di Leonard Zelig affetto da questo bizzarro disturbo mentale non era andato poi così lontano...


La Zelig Like Syndrome (che prevede il nome proprio dal film di Allen) è stata descritta per la prima volta nel 2005 da un'equipe di medici in un paziente ricoverato nel reparto di Neurologia Comportamentale di Villa Camaldoli di Napoli.

Questi dopo un arresto cardiaco con ipossia cerebrale, ha riportato danni al lobo frontale-temporale, cioè a quella parte del cervello deputata al controllo dei comportamenti.

In particolare tali aree cerebrali hanno la funzione di essere "freni inibitori" nei confronti dell'attivazione provocata dai "neuroni specchio", i quali governano la capacità di provare empatia, ovvero di sintonizzarsi sulle emozioni altrui.

Senza freni dei lobi frontali tale "identificazione", prende il sopravvento provocando la perdita dell'identità personale e l'acquisizione di quella altrui.


E infatti da allora il paziente ha manifestato un perfetto trasformismo identitario, riuscendo a immedesimarsi nelle persone con le quali entra in contatto.

Al bar diventa barman, in cucina è un cuoco, fra i medici un medico.

Ha insomma "rubato" il mestiere a tutte le persone che aveva davanti, dimenticando l'identità appena assunta quando assumeva la successiva.


"In un bar A.D, si è trasformato in un barman.

A chi a gli chiedeva come si preparasse un determinato cocktail, ha risposto di essere ancora in prova: "Sono qui da due settimane, spero di avere il posto fisso"

In cucina era un cuoco provetto: " Sono uno chef specializzato in menu per diabetici", ha spiegato senza un ombra di esitazione, assolutamente immedisimato nella sua nuova identità.

Psicolgo fra gli psicologi, cardiologo fra i cardiologi, ha cercato anche di assumere un lnguaggio appropiato all'occasione.

Gli abbiamo fatto delle domande-trabocchetto a cui a risposto con frasi passe-partout. Al cardiologo che gli ha chiesto a quale patologia corrispondesse una determinata anomalia del battito cardiaco, ha replicato in modo generico, ma più appropiato possibile. Ha detto: la domanda è troppo complessa, dipende da paziente a paziente."

dott.ssa Conchiglia


La sindrome di Zelig non è una "semplice" sindrome da dipendenza ambien

tale (anche detta sindrome d'uso) perchè chi ne è affetto non si limita ad imitare i gesti dei suoi interlocutori ma si immerge totalmente in modo onnipervasivo in un contesto, come se avesse perso la capacità di mantenere costante la propria identità e si adottasse ai ruoli (e non a semplici stimoli) proposti di volta in volta dall'ambiente che lo circonda.


Pubmed:
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/17454683?ordinalpos=1&itool=EntrezSystem2.PEntrez.Pubmed.Pubmed_ResultsPanel.Pubmed_DefaultReportPanel.Pubmed_RVDocSum

Ps: Piccola postilla su Pubmed
Che sia una splendida fonte di informazione è innegabile.
E' innegabile anche però che abbia trovato non poche difficoltà nell'usarlo.
Ma questo dipende soprattutto dal mio scarso,scarsissimo inglese(gli effetti della scolarizzazione sì!).
Però anche trovarmi miriadi di articoli davanti mi spiazza leggermente.
E anche la terminologia mi risulta ostica (ma questa DOVREBBE migliorare con gli studi futuri!)
Quindi dopo aver cercato notizie su altre patologie ed essermi persa in quel mare magnum, ho concentrato le me forze su questa strana sindrome di cui si sa molto poco.
E la ricerca è stata più facile, meno dispersiva e molto interessante.
Insomma chi va piano va sano e va lontano.
Poi si spera che con la pratica le cose migliorino.


giovedì 23 aprile 2009

Hakuna Matata!


Proprio una bella sorpresa l'imprevista "lezione" di Psicologia Positiva di ieri mattina.
Giusto in macchina-nel mio tragitto giornaliero casa/stazione pensavo a questa cosa(sì esatto le giostre mentali delle 6.30 del mattino!!Chi non se le fa??): cioè che la devo assolutamente smettere di farmi condizionare dagli eventi microscopici che mi accadono(e che io ovviamente iperbolizzo), che devo essere più "imperturbabile" almeno di fronte alle "chicchirullate" (per me valanghe di neve!)...insomma i soliti buoni propositi destinati a fallire!
Poi arrivo a lezione ...Biochimica sospesa...si parla di Psicologia Positiva...

Casca proprio a pennello!


"La Resilienza è l'arte di navigare sui torrenti. Un trauma sconvolge il soggetto trascinandolo in una direzione che non avrebbe seguito. Ma una volta risucchiato dai gorghi del torrente che lo portano verso una cascata il soggetto resiliente deve ricorrere alle risorse interne, deve lottare contro le rapide che lo sballottano incessantemente." Boris Cyrulnik

Solo l'acquisizione di queste cosiddette risorse interne offre al soggetto un'inclinazione che gli permette successivamente di individuare e di carpire anche le risorse esterne,le eventuali mani tese che gli si offrono.
Essere resilienti è più che resistere, significa imparare a vivere.

Di fronte a ciò che psicologicamente ci fa soffrire ognuno di noi mette in moto meccanismi di difesa che vanno dalla scissione(separazione da di un contenuto), alla negazione(prendere le distanze), al fantasticare/sognare, alla sublimazione,all'umorismo (sdrammatizzazione) fino al controllo degli affetti e delle emozioni....

"La facoltà umana di scavarsi una nicchia, di secernere un guscio, di erigersi intorno una tenue barriera di difesa anche in circostanze apparentemente disperate è stupefacente. Si tratta di un prezioso lavoro di adattamento."
Primo Levi, Se questo è un uomo


L'insieme di queste strategie mentali e comportamentali messe in atto per fronteggiare le varie situazioni prende il nome di coping.

Queste strategie sono fondamentali per il raggiungimento del benessere e presuppongono che il soggetto sia protagonista della situazione.

Da qui il cosiddetto senso di Mastery, ovvero di padronanza: la capacità di gestire effettivamente la propria vita e l'ambiente circostante.
Il test che ci è stato poi proposto valuta tutte queste capacità unitamente al senso di coerenza(elaborato da Antonovsky) che racchiude la comprensibilità(capacità di comprendere ciò che accade dentro e fuori), la fronteggiabilità(capacità di fronteggiare gli eventi) e la significatività(capacità di dare significato alle sfide della vita).

Elevati sensi di coerenza, di Mastery, di coping....portano all'ottimismo disposizionale,il quale condiziona ogni aspetto della nostra vita.

Tutto queste considerazioni hanno fatto scattare in me una piccola molla.
Sta davvero a noi far sì che il bicchiere sia sempre rigorosamente mezzo pieno...per il semplice fatto che ci siamo, viviamo,che possiamo dare anche noi il nostro piccolo contributo all'umanità. Dobbiamo accorgerci della bellezza delle cose che ci circondano! Dobbiamo imparare a vederle!

"Onestamente questo mondo è una meraviglia. Non c'è niente da fare è una meraviglia. E se riesci a sentirti parte di questa meraviglia-ma non tu,con i tuoi due occhi e i tuoi due piedi; se tu,questa essenza di te, sente d'essere parte di questa meraviglia-ma che vuoi di più, che vuoi di più?Una macchina nuova?" Tiziano Terzani, La fine è il mio inizio


Questo è più che altro un piccolo monito a me stessa, qualche anno fa così leggera, capace davvero di pensare tutte queste cose e che invece ora sembra aver perso un po' la via....magari queste sono le prime mollichine di Hansel&Gretel per ritornare a "casa". Davvero ve lo posso assicurare: con una visione del genere ciò che ci circonda assume veramente un altro significato.

"
E miracolosamente non ho smesso di sognare
E miracolosamente
non riesco a non sperare
E se c'è un segreto è fare tutto
come
se vedessi solo il sole."
Elisa

Per approfondire:
^Martin Seligman, Imparare l'ottimismo
^A.Bandura, Il senso di autosufficienza

venerdì 17 aprile 2009

..i Kairòs folgoranti che ci lasciamo sfuggire

"Tutte queste cose che passano, che ci sfuggono per un'inezia e che perdiamo per l'eternità...tutte le parole che avremmo dovuto dire, i gesti che avremmo dovuto fare, i Kairòs folgoranti che un giorno sono apparsi ma che non abbiamo saputo cogliere e che sono sprofondati per sempre nel nulla...Lo smacco appena un poco più in là."

Muriel Barbery, L'Eleganza del riccio

Ps: per chi non lo sapesse (mi annovero anche io visto che prima di leggere questo libro-lentissimo alle prime battute ma sorprendente se uno ha un po' di pazienza-questo concetto mi era del tutto sconosciuto) il termine "Kairòs" era usato dagli antichi Greci per indicare un tempo qualitativo in opposizione al più conosciuto "Kronos", tempo logico, sequenza di eventi.
"Kairos" è il momento indeterminato in cui accade qualcosa di speciale, il"momento giusto" in poche parole


mercoledì 15 aprile 2009

Coltivare le connessioni:"Per educare un bambino ci vuole un villaggio"

Sarò sincera: il primo approccio con queste 59 pagine non è stato dei migliori!
La sensazione post-lettura è stata quella di un "malessere diffuso", di un infastidimento generale(ma forse lo scopo era proprio questo??)
..La riflessione a caldo lasciamola perdere!
Ma siccome solitamente ho bisogno di tanto tempo per rimuginare sulle cose già alla seconda lettura la sensazione di fastidio aveva lasciato il posto a riflessioni costruttive.

Gli imput lanciati sono davvero tanti: difficile scegliere quello cui andar dietro.
Tuttavia la cosa che ha più sconvolto i miei amati piani mentali è stato il discorso sulla scolarizzazione.
Non rinnego in toto il mio percorso scolastico perché mi ha dato veramente tanto: non ha soffocato la mia voglia di sapere, ha allargato la mia visuale giorno dopo giorno, ha risposto a tante mie domande, mi ha aiutata a vincere la mia timidezza cronica...
Ma nonostante- io sì un maestro l'abbia incontrato(e che l'incontro con lui sia stato decisivo)- mi sorge spontaneo chiedermi: la scuola è stata davvero Maestra di Vita??
O si è limitata troppe volte ad imbottire noi-attori passivi, meri contenitori di informazioni peraltro spesso momentanee- di vacui nozionismi fini a se stessi?
Troppe volte la vita-quella vera-è rimasta sullo sfondo, quasi a far da accessorio mentre ci veniva propinata una realtà cristallizzata,strutturata, rigida.
Troppe volte siamo stati tenuti a debita distanza dal mondo là fuori,quasi mai presi per i capelli e calati dentro.
L'immagine della campana di vetro che ho carpito sbirciando tra i nodi della rete penso valga più di mille parole.
Con questo non voglio intendere che la scuola debba insegnare a vivere tracciando rotte prestabilite sennò si ritorna nel cristallizzato,nella schematicità etc etc.
C'è un bellissimo motto africano che dice: "Per educare un bambino ci vuole un villaggio"; in altre parole la vita vissuta!

Leggendo "Lettera a una professoressa" di don Milani mi si è davvero spalancato un mondo.
Mi ha sconvolta.
Quando dice che il senso dello studiare non è il voto(e questo penso sia condiviso)ma nemmeno l'amore per il sapere!
(Quanto mi sono rivista in quella ragazza che "studiava per amore allo studio"!)
Ma studiare perché il nostro sapere sia a servizio degli altri!
Ed ecco che ritorna quell'"I care" martellante, quel "Me ne importa" contro il nostro gretto egoismo.
"Il sapere serve solo per darlo"[...] "Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo".
Chi mai ci ha passato questo modo di vedere le cose??Nessuno.
Mi è sempre piaciuta l'idea di studiare per arricchire me stessa, per aggiungere giorno dopo giorno un nuovo tassellino...a me...al mio piccolo orticello..
Ma cavoli pensandoci bene a cosa diavolo serve?
Per un'appagamento personale?e poi??
Siamo davvero così "poco"??
L'ottica di questa "immensa famiglia umana"che ci circonda e di cui anche noi facciamo parte che trasuda dallo scritto di questi ragazzi di Barbiana(semplice ma tremendamente sincero) dovrebbe essere il punto di partenza per ogni reale formazione, per ogni sana istruzione.
Se davvero fosse così sono convinta anche io che sarebbe tutto molto diverso.

"Cercasi un fine. Bisogna che sia onesto.Grande. Che non presupponga nel ragazzo null'altro che d'essere uomo. Ciò che vada bene per credenti e atei.
Io lo conosco. Il priore me l'ha imposto da quando avevo 11anni e ne ringrazio Dio.
Ho risparmiato tanto tempo. ho saputo minuto per minuto perchè studiavo. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo".

Scusate sono andata leggermente oltre le 200 parole...so stata un fiume in piena : ) !!!

lunedì 13 aprile 2009

I miei...Deliziosi

Ebbene sì anch'io faccio parte dei "meglio tardi che mai"!
Non sono un Diesel ma chi va piano va sano e va lontano!
Da usare internet per lo stretto strettissimo necessario ad arrivare a ciacciarci addirittura con i preferiti(non mi ero minimamente manco posta il problema della loro esistenza!) mi pare di aver fatto il passo più lungo della gamba...
Insomma ecco qua il mio link:
http://delicious.com/armida88