mercoledì 15 aprile 2009

Coltivare le connessioni:"Per educare un bambino ci vuole un villaggio"

Sarò sincera: il primo approccio con queste 59 pagine non è stato dei migliori!
La sensazione post-lettura è stata quella di un "malessere diffuso", di un infastidimento generale(ma forse lo scopo era proprio questo??)
..La riflessione a caldo lasciamola perdere!
Ma siccome solitamente ho bisogno di tanto tempo per rimuginare sulle cose già alla seconda lettura la sensazione di fastidio aveva lasciato il posto a riflessioni costruttive.

Gli imput lanciati sono davvero tanti: difficile scegliere quello cui andar dietro.
Tuttavia la cosa che ha più sconvolto i miei amati piani mentali è stato il discorso sulla scolarizzazione.
Non rinnego in toto il mio percorso scolastico perché mi ha dato veramente tanto: non ha soffocato la mia voglia di sapere, ha allargato la mia visuale giorno dopo giorno, ha risposto a tante mie domande, mi ha aiutata a vincere la mia timidezza cronica...
Ma nonostante- io sì un maestro l'abbia incontrato(e che l'incontro con lui sia stato decisivo)- mi sorge spontaneo chiedermi: la scuola è stata davvero Maestra di Vita??
O si è limitata troppe volte ad imbottire noi-attori passivi, meri contenitori di informazioni peraltro spesso momentanee- di vacui nozionismi fini a se stessi?
Troppe volte la vita-quella vera-è rimasta sullo sfondo, quasi a far da accessorio mentre ci veniva propinata una realtà cristallizzata,strutturata, rigida.
Troppe volte siamo stati tenuti a debita distanza dal mondo là fuori,quasi mai presi per i capelli e calati dentro.
L'immagine della campana di vetro che ho carpito sbirciando tra i nodi della rete penso valga più di mille parole.
Con questo non voglio intendere che la scuola debba insegnare a vivere tracciando rotte prestabilite sennò si ritorna nel cristallizzato,nella schematicità etc etc.
C'è un bellissimo motto africano che dice: "Per educare un bambino ci vuole un villaggio"; in altre parole la vita vissuta!

Leggendo "Lettera a una professoressa" di don Milani mi si è davvero spalancato un mondo.
Mi ha sconvolta.
Quando dice che il senso dello studiare non è il voto(e questo penso sia condiviso)ma nemmeno l'amore per il sapere!
(Quanto mi sono rivista in quella ragazza che "studiava per amore allo studio"!)
Ma studiare perché il nostro sapere sia a servizio degli altri!
Ed ecco che ritorna quell'"I care" martellante, quel "Me ne importa" contro il nostro gretto egoismo.
"Il sapere serve solo per darlo"[...] "Dicesi maestro chi non ha nessun interesse culturale quando è solo".
Chi mai ci ha passato questo modo di vedere le cose??Nessuno.
Mi è sempre piaciuta l'idea di studiare per arricchire me stessa, per aggiungere giorno dopo giorno un nuovo tassellino...a me...al mio piccolo orticello..
Ma cavoli pensandoci bene a cosa diavolo serve?
Per un'appagamento personale?e poi??
Siamo davvero così "poco"??
L'ottica di questa "immensa famiglia umana"che ci circonda e di cui anche noi facciamo parte che trasuda dallo scritto di questi ragazzi di Barbiana(semplice ma tremendamente sincero) dovrebbe essere il punto di partenza per ogni reale formazione, per ogni sana istruzione.
Se davvero fosse così sono convinta anche io che sarebbe tutto molto diverso.

"Cercasi un fine. Bisogna che sia onesto.Grande. Che non presupponga nel ragazzo null'altro che d'essere uomo. Ciò che vada bene per credenti e atei.
Io lo conosco. Il priore me l'ha imposto da quando avevo 11anni e ne ringrazio Dio.
Ho risparmiato tanto tempo. ho saputo minuto per minuto perchè studiavo. Il fine giusto è dedicarsi al prossimo".

Scusate sono andata leggermente oltre le 200 parole...so stata un fiume in piena : ) !!!

1 commento:

  1. E'una visione affascinante quella che hai riportato.

    Purtroppo non è così facile appropiarsene, anzi è difficilissimo: sarebbe come staccarsi dai i preconcetti e dagli schemi che sono nostri da anni. Il bello, forse, sta proprio lì....

    Ciao cara!

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